Smartworking, antifragilità e coronavirus

un fotogramma dal video di RWA consulting sullo smartworking che ritrae una donna alla scrivania di casa propria con un computer davanti e un cane ai piedi

“La chiave di tutto è l’antifragilità. Sappiamo che la nostra incapacità di comprendere a fondo i fenomeni umani e naturali ci espone al rischio degli eventi inaspettati. Ma l’incertezza non è solo una fonte di pericoli da cui difendersi: possiamo trarre vantaggio dalla volatilità e dal disordine, persino dagli errori, ed essere quindi antifragili.”

Nassim Nicholas Taleb, Antifragile, Il Saggiatore, 2013

Domenica non è stato il solito 8 marzo: nessun hashtag imperversava, nessuna manifestazione impazzava.

Domenica 8 marzo la questione (sempre regnante e pregnante) delle donne ha dovuto lasciare il passo a qualcosa di più impellente: il diffondersi del coronavirus e un nuovo decreto del governo che ha “chiuso” parte del nord Italia. 

Domenica 8 marzo, però, non ha spazzato via tutti i riti. Come ogni domenica, Digital Update ci ha consegnato in casella email la sua newsletter settimanale.

Esperimenti (non) programmati: lo smartworking

Traendo spunto da un corso in aula rimandato, Alessandra Farabegoli, la founder di Digital Update, nella sua newsletter ci parla di “esperimenti (non) programmati” e ci racconta di come la contingenza l’abbia spinta ad aguzzare l’ingegno e a lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Così ha previsto, ad esempio, l’erogazione di alcuni corsi via webinar per aggirare il divieto degli assembramenti di persone.

Se c’è qualcosa di vagamente positivo nella situazione che stiamo vivendo, è proprio la possibilità di immaginare nuove soluzioni a problemi vecchi, ma deflagrati con la diffusione del coronavirus. La capacità di ingegnarsi affinché si possa navigare attraverso l’emergenza senza buttare il bambino con l’acqua sporca è un fattore chiave. 

Chi l’avrebbe mai detto, ad esempio, che le aziende italiane (e addirittura la pubblica amministrazione), tradizionalmente riluttanti a forme di lavoro agile, si sarebbero ritrovate tutte, all’unisono, ad invocare e incoraggiare lo smartworking?

“State a casa” è il mantra più ricorrente dei datori di lavoro. Le tecnologie ci sono da tempo, quel che ancora mancava era la sensibilità, la volontà, l’urgenza e l’indipendenza mentale di ricorrere a questa forma di lavoro. Ebbene, eccole tutte qua. Chi aveva già avuto la lungimiranza di accordare ai dipendenti una gestione flessibile e individuale del lavoro, degli orari e degli spostamenti, si trova oggi a non dover improvvisare niente. Come dice il blog di OfficinaTuristica citato da Alessandra Farabegoli

“come usciremo dalla crisi del Coronavirus dipende più da quello che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni piuttosto che da quello che faremo nei prossimi giorni”

dal blog di Officina Turistica

Lo smartworking alla Panebarco è di casa da oltre 10 anni!

Tra chi a livello di smartworking ci ha dato dentro negli ultimi dieci anni, ci siamo noi della Panebarco.

Su 5 persone tra titolari lavoratori e dipendenti, alla Panebarco tre lavorano in parte da casa. E da una casa molto “diffusa” che va da Thaon-les-Vosges a Bologna 🙂
Oggi intervistiamo Liù, in forza alla comunicazione.

Ma dove lavora e cosa pensa una smartworker della Panebarco?

Smartworker: Liù
Lavora da: Bologna.

Per lei lo smartworking vuol dire: poter integrare un secondo lavoro in uno molto strutturato che le andava stretto, e liberare così energie sopite da tempo e investite con molta gioia nella Panebarco.

E sulla sua vita in smartworking racconta :

“Non avrei potuto permettermi nè di lasciare definitivamente il primo lavoro – adesso a part time, né tantomeno un pendolarismo 5 giorni alla settimana Bologna-Ravenna: ci avrei rimesso tempo, soldi e qualità della vita. Il fatto che voi Panebarco abbiate da subito accolto la mia richiesta di poter lavorare da casa mi ha più che mai motivato a lavorare con voi. Difficilmente si trovano datori di lavoro che rifiutano il ruolo tradizionale del “controllore fisico” del dipendente, cosa che molto spesso è sintomatica dell’assoluta incapacità di giudicare il lavoro nel merito e nei contenuti.”

Liù

La postazione dello smartworker

Ma… dove svolgi il tuo lavoro?
Da casa mia. Di solito mi metto al tavolo della cucina, dove c’è una grande portafinestra che garantisce una luminosità sufficiente. Da lì sento i rumori della strada, così non mi sento in una bolla. A corredo del computer, non manca mai una tazza di caffè lungo, ma siccome c’è una persona che mi vuole bene che ha notato che spesso si raffreddava, ho ricevuto in regalo un dispositivo maipiùsenza: questo che vedete sulla destra:

La cosa inspiegabile è che non ho ancora mai rovesciato il caffè sul computer, l’incidente sul lavoro più frequente tra gli smartworkers 🙂
A volte, soprattutto quando fa un po’ più freddo, mi allestisco una postazione volante (God save Ikea e i suoi tavolini modulabili!) in salotto. 

Smartworking: pro e contro

Qual è il vantaggio maggiore dello smartworking per te? Oltre a lavorare senza dovermi spostare (con grandi guadagni anche da parte della collettività, in generale e in particolare con questa situazione), la flessibilità oraria: son sempre stata una persona mattiniera che mal sopporta orari legati all’apertura fisica degli uffici – e soprattutto il loro prolungamento fino a tardo pomeriggio quando sono un po’ frollata 🙂

Qual è il rischio maggiore? 
Quello di votarsi indefinitamente all’abbruttimento domestico da tutone da respingimento 🙂 Pensate che mia mamma una volta mi ha detto (sic):

“si vede dallo stato dei tuoi capelli che oggi hai lavorato da casa!”

la mamma di Liù 🙂

Ti piace comunque ogni tanto andare in bottega?
Sì, perché comunque le dinamiche che scaturiscono in modo estemporaneo in un gruppo che lavora fisicamente insieme sono importanti. E poi, in bottega non mi perderei per nulla al mondo gli scambi alquanto surreali tra i personaggi strambi che la abitano e la frequentano (un must le conversazioni del venerdì tra nonno che disegna e nipote che fa i compiti).

Ad esempio, l’ultimo venerdì ho scovato questo misterioso messaggio su uno dei computer

Il messaggio trovato alla Panebarco che ha richiamato l’attenzione degli epistemologi di tutto il mondo

Per il resto, i metodi per condividere e coordinare il lavoro ci sono da tempo (e noi li usiamo, vedi Trello).

Ma perché è così desiderabile lo smartworking? Te lo spiega, ovviamente, l’animazione

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: più la questione è complessa e controversa, più è utile il ricorso all’animazione, il linguaggio che fa chiarezza in modo semplice e immediato.

In tema smartworking, abbiamo particolarmente apprezzato questi due video:

Non solo smartworking: coronavirus e correzioni di rotta di soggetti antifragili

Certo, noi lavoriamo con l’animazione, che, al contrario dei video tradizionali, ci consente di non dover per forza lavorare in compresenza. Ma anche chi non può sfruttare questo vantaggio competitivo, lo può fare. Se ha però l’intelligenza e la capacità di trovare leve utili per costruire qualcosa anche nella crisi.

Gli esempi non mancano: tra le operazioni che ci sono piaciute di più negli ultimi giorni, quella di Schermi e Lavagne, dipartimento educativo della Cineteca di Bologna. Come tutte le realtà culturali e aggregative, la Cineteca ha cessato temporaneamente le proiezioni. Una ragazzina cinefila ha contatto lo staff via mail chiedendo consigli su film da vedere nella lunga pausa dalla scuola. E la Cineteca ha prontamente colto al balzo l’occasione per fare una ricca playlist e donarla a tutta la cittadinanza 🙂

Il post della Cineteca di Bologna

E poi c’è Openddb, lo streaming di comunità che in poco meno di due giorni ha rivoluzionato il modello di pricing per la sua piattaforma di video, film e documentari per dare alla collettività rimasta senza cinema la possibilità di vederli gratis. La scelta è così motivata:

“In una situazione come questa ci sentiamo di (…) mettere a disposizione per tutte e tutti uno streaming di comunità: una lunga programmazione per ribadire il valore che diamo alla cultura dal basso e alla sua diffusione. Senza dover pagare per forza. Siamo in difficoltà economica noi, ma lo sono anche tutti gli altri. Se poi vuoi farlo ugualmente, puoi fare una donazione attraverso il bottone rosso qui sotto, ma puoi vedere il nostro streaming a prescindere da questo.”

Che dire? Chapeau.

L’importanza di scoprire la propria antifragilità

Certo lo smartworking aiuta, ma non è la panacea di ogni male. Non tutte le attività possono avvalersi dello smartworking e se l’economia si ferma, si ferma anche chi con lo smartworking è operativo al 100%.

E allora cosa rimane? Rimane tanto tempo per pensare, per fare strategie e scoprire la propria antifragilità.